Siamo giunti al post conclusivo e in esso trovano sintesi i tanti concetti esposti nei precedenti.
Cosa ci aspetta dopo la crisi?
Cosa cambiare e fare per venirne fuori in 2 mosse?
Come superare tutto quello che ci impedisce di farlo?
Queste le tre domande irrinunciabili.
Cosa ci aspetta dopo la crisi?
Sono un irrimediabile ottimista e questo non mi impedisce di fare un’analisi cruda, sfiorando il cinismo e nei limiti delle mie possibilità di diversamente giovane.
Ci sta che le autorità pubbliche continuino a dire “ce la faremo” e ci sta pure il tenersi a miglia di distanza dai catastrofisti e dai pessimisti cronici (entrambi da evitarsi sempre e comunque perché la sfiga che li accompagna potrebbe ledere il nostro sistema immunitario).
Detto questo, dobbiamo anche lucidamente prender atto che:
siamo in recessione globale, altro che rallentamento della crescita;
stiamo attraversando una tempesta perfetta, ben più grave della crisi affrontata nel 2020 con l’emergenza Covid;
tanti non ce la faranno;
Il post crisi vedrà emergere prepotentemente tanti nuovi poveri di tutte le specie (una miriade di nuove partite IVA per rinfoltire il già folto esercito di micro-imprenditori e micro-professionisti che già prima stentavano a arrivare a fine mese, i tanti disoccupati disorientati in attesa di qualche miracolo, ecc.);
per molti è e sarà un’opportunità enorme per:
rivedere radicalmente i propri modelli di business
progettare e vendere nuovi prodotti/servizi più coerenti ai nuovi comportamenti di acquisto e alle nuove priorità dei consumatori /clienti;
intensificare la produzione ove si sia già presenti nei settori divenuti ad alto potenziale di crescita post coronavirus e post crisi ucraina;
occupare quote di mercato rimaste libere;
fare le scarpe a tutti quei concorrenti lenti nell’adattarsi e reagire alla crisi.
Cosa cambiare e fare per venirne fuori in 2 mosse!
Non lasciatevi ingannare dal titolo markettaro del sub-paragrafo e rispondete alla domanda:
cosa devono fare i sopravvissuti alla crisi per trasformare uno stato di sopravvivenza sempre più a rischio in una condizione di vita stabile e soddisfacente sotto tutti i profili (redditività, liquidità, sostenibilità, solidarietà, ecc.)?
Possiamo cavalcare lo tsunami che si è abbattuto su di noi senza venirne travolti e annegare; lo si può fare a patto che ci si attivi subito (anzi ieri) per fare tutte quelle cose giuste che dovevamo già fare in passato (sappiamo bene quali), che abbiamo sempre rinviato con mille pretesti e che fare oggi ci costerà molto di più dell’averle fatte ieri.
L’ho già detto in altri articoli e lo ripeto: tutto questo va ben oltre il precipitarsi in banca per la moratoria sul debito, il posticipare il pagamento dell’IVA, l’attivare la CIGO, CIGS, CIGD, FIS, Bingo e scopa con l’Asso!
Lo si fa in due passaggi:
Primo passaggio: cambiare testa
Significa:
smettere di raccontarci le storielle/alibi a giustificazione del nostro immobilismo;
uscire dalla nostra zona comfort (in realtà rassegnazione a un disagio cronico vissuto come fosse normalità);
distruggere quell’individualismo malefico che ci ha impedito di:
organizzare team vincenti;
portare avanti alleanze strategiche che potevano cambiare il nostro futuro;
superare quella chiusura mentale che ci ha impedito di cogliere le mille opportunità che avevamo/abbiamo intorno;
superare la carenza cronica di competenze e risorse cui ci condanna il fratello dell’individualismo: il nanismo aziendale.
Devo continuare?
Non ho nessuna vergogna nell’ammettere che ho cominciato a cambiar testa 6-7 anni fa e mi rendo quotidianamente conto di quanta fatica costi percorrere una strada verso una meta che si sposta di continuo (e nonostante questa grande difficoltà rimpiango di non aver cominciato a percorrerla prima).
Io però l’ho fatto e lo sto facendo insieme a chi lavora con me, mentre tanti (troppi) lo hanno evitato e ora pagheranno caro il conto di questa scelta.
Alcuni esempi di sub-categorie a rischio? Senza generalizzare e senza voler offendere nessuno, eccoli qua:
l’imprenditore artigiano e non di piccola e micro-dimensione (evitiamo di fare il solito banale discorso “tanto fa tutto in nero” perché non è valido per tutti e ne conosco tanti a disagio per la situazione di irregolarità frequente in cui vivono);
il titolare di studio piccolo e micro (commercialisti, avvocati, ingegneri, architetti, professionisti non ordinistici, ecc.), sommerso da gravami burocratici sempre più incomprensibili (i loro e quelli dei clienti che seguono) e troppo spesso ancora fermo a 20 anni fa;
il free-lance (in tutte le varianti, dal creativo che vive di estetica (tanta) e pane (poco) al marketer che insegue il suo sogno di nomade digitale – da cui si risveglia quando mette su famiglia e si ritrova a pagare bollette salate, mutui/affitti, tasse scolastiche, vestitini, ecc. – all’aspirante influencer che deve ancora capire che per ogni Ferragni che emerge, migliaia – di più? – fanno la fame, senza dimenticarci del grafico schiavizzato e tanti altri ancora, ecc.;
lo startupper, fatta eccezione per quei pochi che hanno veramente fatto bene i compiti per casa prima di lanciarsi in un’iniziativa imprenditoriale;
qualche imprenditore/professionista di taglia non piccola della categoria “so tutto io”.
Secondo passaggio: pensare e agire
Andando a iper-semplificare, questo le tre fasi del processo:
Analisi
Termine banalmente traducibile nel prendersi il tempo (non troppo) per schiarirsi le idee sull’oggi (emergenze, priorità, obiettivi di brevissimo termine) e il domani (scenari e strategie di risposta).
Formalizzazione
Consistente nel riuscire a mettere nero su bianco un piano operativo che sia:
articolato temporalmente (breve, brevissimo e medio termine) e funzionalmente (andando a toccare tutte le funzioni aziendali, nessuna esclusa);
graduale nell’implementazione (tutto subito = casino);
flessibile (non essendo scritto sulla pietra, andrà adattato come richiederanno le inevitabili circostanze sopravvenute);
accompagnato da dati (qualitativi e quantitativi);
sviluppato su questedirettrici fondamentali:
organizzazione agile (ottenere il massimo con il minimo);
innovazione frugale (offrire al mercato prodotti e servizi che soddisfino i nuovi consumatori/clienti post crisi, anch’essi desiderosi di ottenere il massimo con il minimo);
multicanalità (per comunicare e vendere online e offline, sempre più integrati);
ingresso in gruppi collaborativi allargati (ma non troppo, la rete “calderone” va assolutamente evitata e sostituita con la rete che funziona) per un superamento progressivo del nanismo;
formazione continua (studio, studio, studio per tutti, titolare in primis).
Azione
Svolta la parte teorica, sperimentiamo il piano con azioni concrete (nel day by day, nella settimana, nel mese e così via dicendo) e aggiustiamo il tiro dove necessario.
Come superare i freni al cambiamento
Quali problemi frenano il cambiamento e come risolverli?
Soluzione alla mancanza di soldi e tempo
I soldi li trovi riducendo le spese/gli investimenti in modo selettivo, autofinanziandoti, finanziandoti presso terzi, facendo spese/investimenti condivisi, ricorrendo a un mix delle misure precedenti.
Il tempo lo trovi imparando a usarlo meglio grazie al taglio del superfluo e alla semplificazione (che mi dici della tua abitudine di lavorare con clienti che ti pagano l’anno di San Mai e magari sono pure estremamente esigenti? Delle mille riunioni inutili e/o mal gestite? Del cellulare che si è fuso con la tua mano?).
Soluzione alla paura di sbagliare/fallire
Questa paura va rivalutata nella sua importanza e la si deve avere nella consapevolezza che:
– ci serve per riflettere un attimo in più prima di decidere/agire;
– gli errori fanno parte del nostro processo di crescita;
– il vero fallimento sta nel rinunciare a tentare.
Soluzione alla mancanza di volontà
La più semplice di tutte: fai altro!
Ribadendo che ne possiamo uscire, vado in chiusura invitando tutti a farsi aiutare senza alcuna vergogna nel chiedere aiuto e a marchiarsi a fuoco nella mente queste 5 massime:
aiutati che Dio ti aiuta (anche traducibile in “datti una mossa, il cavaliere bianco potrebbe non arrivare mai”);
fatto è meglio che perfetto (la perfezione non esiste ma si deve puntare ad essa per poter lavorare divertendosi);
chi fa sbaglia (evita però di fare sempre gli stessi errori);
fare presto prima che non ci sia più niente da fare (lapalissiano);
non è sempre vero che l’unione fa la forza (l’aggregazione non implica un miglioramento automatico della situazione).
Ora ti saluto e ti chiedo di condividere anche quest’ultimo post del decalogo e di non farmi mancare le tue domande, critiche osservazioni.
Per acquisire i documenti che non hai avuto occasione di leggere, esporre le tue critiche/suggerimenti/richieste di approfondimento e condividere la tua esperienza scrivi sui commenti o su alessandro.vianello@eftilia.it.
Siamo giunti al post conclusivo e in esso trovano sintesi i tanti concetti esposti nei precedenti.
Cosa ci aspetta dopo la crisi?
Cosa cambiare e fare per venirne fuori in 2 mosse?
Come superare tutto quello che ci impedisce di farlo?
Queste le tre domande irrinunciabili.
Cosa ci aspetta dopo la crisi?
Sono un irrimediabile ottimista e questo non mi impedisce di fare un’analisi cruda, sfiorando il cinismo e nei limiti delle mie possibilità di diversamente giovane.
Ci sta che le autorità pubbliche continuino a dire “ce la faremo” e ci sta pure il tenersi a miglia di distanza dai catastrofisti e dai pessimisti cronici (entrambi da evitarsi sempre e comunque perché la sfiga che li accompagna potrebbe ledere il nostro sistema immunitario).
Detto questo, dobbiamo anche lucidamente prender atto che:
Cosa cambiare e fare per venirne fuori in 2 mosse!
Non lasciatevi ingannare dal titolo markettaro del sub-paragrafo e rispondete alla domanda:
cosa devono fare i sopravvissuti alla crisi per trasformare uno stato di sopravvivenza sempre più a rischio in una condizione di vita stabile e soddisfacente sotto tutti i profili (redditività, liquidità, sostenibilità, solidarietà, ecc.)?
Possiamo cavalcare lo tsunami che si è abbattuto su di noi senza venirne travolti e annegare; lo si può fare a patto che ci si attivi subito (anzi ieri) per fare tutte quelle cose giuste che dovevamo già fare in passato (sappiamo bene quali), che abbiamo sempre rinviato con mille pretesti e che fare oggi ci costerà molto di più dell’averle fatte ieri.
L’ho già detto in altri articoli e lo ripeto: tutto questo va ben oltre il precipitarsi in banca per la moratoria sul debito, il posticipare il pagamento dell’IVA, l’attivare la CIGO, CIGS, CIGD, FIS, Bingo e scopa con l’Asso!
Lo si fa in due passaggi:
Primo passaggio: cambiare testa
Significa:
Devo continuare?
Non ho nessuna vergogna nell’ammettere che ho cominciato a cambiar testa 6-7 anni fa e mi rendo quotidianamente conto di quanta fatica costi percorrere una strada verso una meta che si sposta di continuo (e nonostante questa grande difficoltà rimpiango di non aver cominciato a percorrerla prima).
Io però l’ho fatto e lo sto facendo insieme a chi lavora con me, mentre tanti (troppi) lo hanno evitato e ora pagheranno caro il conto di questa scelta.
Alcuni esempi di sub-categorie a rischio? Senza generalizzare e senza voler offendere nessuno, eccoli qua:
Secondo passaggio: pensare e agire
Andando a iper-semplificare, questo le tre fasi del processo:
Termine banalmente traducibile nel prendersi il tempo (non troppo) per schiarirsi le idee sull’oggi (emergenze, priorità, obiettivi di brevissimo termine) e il domani (scenari e strategie di risposta).
Consistente nel riuscire a mettere nero su bianco un piano operativo che sia:
Svolta la parte teorica, sperimentiamo il piano con azioni concrete (nel day by day, nella settimana, nel mese e così via dicendo) e aggiustiamo il tiro dove necessario.
Come superare i freni al cambiamento
Quali problemi frenano il cambiamento e come risolverli?
Soluzione alla mancanza di soldi e tempo
I soldi li trovi riducendo le spese/gli investimenti in modo selettivo, autofinanziandoti, finanziandoti presso terzi, facendo spese/investimenti condivisi, ricorrendo a un mix delle misure precedenti.
Il tempo lo trovi imparando a usarlo meglio grazie al taglio del superfluo e alla semplificazione (che mi dici della tua abitudine di lavorare con clienti che ti pagano l’anno di San Mai e magari sono pure estremamente esigenti? Delle mille riunioni inutili e/o mal gestite? Del cellulare che si è fuso con la tua mano?).
Soluzione alla paura di sbagliare/fallire
Questa paura va rivalutata nella sua importanza e la si deve avere nella consapevolezza che:
– ci serve per riflettere un attimo in più prima di decidere/agire;
– gli errori fanno parte del nostro processo di crescita;
– il vero fallimento sta nel rinunciare a tentare.
Soluzione alla mancanza di volontà
La più semplice di tutte: fai altro!
Ribadendo che ne possiamo uscire, vado in chiusura invitando tutti a farsi aiutare senza alcuna vergogna nel chiedere aiuto e a marchiarsi a fuoco nella mente queste 5 massime:
Ora ti saluto e ti chiedo di condividere anche quest’ultimo post del decalogo e di non farmi mancare le tue domande, critiche osservazioni.
Avanti tutti, avanti Italia!
_ Alessandro Vianello _
Precedenti post del decalogo
Part one: l’atteggiamento mentale in situazione di crisi
Part two: crisi e scenari
Part three: strategia di risposta
Part four: crisi e accertamento della propria situazione di base
Part five: come e perché fare monitoraggio
Part six: crisi e sistema di cambiamento
Part seven: crisi e selettività
Part eight: crisi e rinegoziazione
Part nine: crisi e gioco di squadra
Per acquisire i documenti che non hai avuto occasione di leggere, esporre le tue critiche/suggerimenti/richieste di approfondimento e condividere la tua esperienza scrivi sui commenti o su alessandro.vianello@eftilia.it.
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