Prima di partire con il nuovo articolo dedicato all’approfondimento del rapporto fra lavoro e sostenibilità, facciamo un riassunto di quanto detto in precedenza.
Nella Parte I abbiamo operato una overview su quanto il rapporto fra lavoratori intesi come persone e sostenibilità d’impresa sia estremamente stretto e funzionale alla sopravvivenza dell’azienda.
La Parte II è invece incentrata sulla delega come strumento per la gestione efficiente e sostenibile dell’impresa, con vantaggi reciproci fra singolo lavoratore e manager.
L’analisi dell’organizzazione aziendale è stata l’argomento principale della Parte III dove per organizzazione si intende la capacità di riconoscere le esigenze della propria azienda e dunque la capacità di selezionare la persona migliore per le singole esigenze.
Abbiamo terminato la Parte III di questo percorso con una domanda: qual è la strategia per valorizzare la persona-lavoratrice in un contesto aziendale? Vediamo dunque che tipo di azioni introdurre per trattenere in azienda un buon lavoratore, una volta smarcata la fase di onboarding.
Il benessere in ambito lavorativo
Uno dei processi principali per avere un’organizzazione efficace ed efficiente e allo stesso tempo tendere agli obiettivi di benessere in ambito lavorativo è quello di creare un ambiente di lavoro che motivi dipendenti e collaboratori.
Sono molte le teorie della motivazione in questo ambito, limitiamoci a citare le principali:
Teorie dei bisogni fanno riferimento ai bisogni specifici del singolo
Teorie del valore hanno al centro dell’analisi il volere e il desiderio del soggetto
Teorie dell’obiettivo sono principalmente orientate a raggiungere specifici obiettivi
Esiste, fra queste teorie, un minimo comune denominatore: al centro del processo deve sempre sussistere la consapevolezza da parte del lavoratore e dell’ambiente operativo in cui il lavoratore è collocato dell’esistenza di una reciproca interdipendenza. Quando queste due consapevolezze (bisogno del lavoratore e dell’ambiente) coincidono, allora è possibile arrivare a un’alta performance: ma di cosa parliamo quando utilizziamo questo termine?
Benessere e Performance
I due elementi dirimenti per valutare la performance di un lavoratore sono incentivazione e motivazione. Le aspettative di carriera, le ricompense economiche, la crescita personale sono, in questo ambito elementi trainanti che spingono verso raggiungimento degli obiettivi posti e del benessere personale. In breve se un lavoratore non versa in una condizione di benessere ottimale è improbabile che riuscirà a performare in modo adeguato, perlomeno non nel medio-lungo periodo.
La motivazione è caratterizzata da diversi elementi, fra i quali è possibile riconoscere:
Corrispondenza, ovvero una comunanza di valori fra il lavoratore e l’organizzazione alla quale presta la propria attività lavorativa
Partecipazione, cioè l’intensità con cui il lavoratore è dedito al lavoro: si limita a svolgere le proprie mansioni nel modo più basilare? In questo caso molti parlano di quiet quitting ovvero l’abbandono silenzioso che porta il lavoratore a fare il minimo sforzo (spesso non col massimo risultato)
Persistenza, la durata nel tempo della performance: non è sufficiente un soggetto performante in determinati momenti e soggetto al c.d. burnout
Tutti questi elementi – corrispondenza, partecipazione e persistenza – se ben calibrati e utilizzati permettono al lavoratore di “fare” ovvero determinano la motivazione verso il lavoro (risultato, impegno, determinazione) ma anche di “essere” ovvero determinano la motivazione verso l’organizzazione/azienda (orgoglio, lealtà, fedeltà, fiducia).
Seguendo queste linee guida, ovvero instaurando questo processo, secondo la teoria motivazionale di Maslow, si raggiunge il vertice della gerarchia dei bisogni: autostima/autorealizzazione.
Necessità aziendali e del lavoratore: non contro ma insieme
Nel percorso di sostenibilità in ambito lavoro (Obiettivo N.8) l’obiettivo è, dunque, quello di riuscire a mantenere sempre in equilibrio le necessità aziendali con gli obiettivi dei lavoratori, così che questi ultimi percepiscano come equo il rapporto anche grazie al rapporto controverso fra
VALORE DELLE PRESTAZIONI RICHIESTE vs.
BENEFICIO AZIENDALE vs.
BENESSERE PERSONALE
Come far restare i migliori in azienda
Ci sono dunque due punti da evidenziare: il primo è che “i migliori” sono quelli con le performance più elevate, il secondo è che, se è corretto il ragionamento fatto finora, chi performa meglio è chi sta meglio in azienda. Per questo il miglior lavoratore, il più performante, sceglie di restare e di essere fedele all’azienda: perché l’azienda rispetta il suo benessere.
Sta al Responsabile Risorse Umane (HR) stimolare la partecipazione dei lavoratori e individuare le chiavi di lettura per la soddisfazione delle parti, dando motivazione al lavoratore. La motivazione deve, infatti, essere vista come stimolo per un percorso di crescita.
Per fare questo è necessario trovare le giuste leve da “toccare” e per farlo è quindi necessario conoscere meglio le persone con cui si avvia questo percorso, collocarle nelle giuste aree di competenza, acquisire la loro fiducia e presentare obiettivi chiari. Le competenze per avviare questo percorso virtuoso che raggiunge gli obiettivi di soddisfazione di tutte le parti sono complesse e in molti casi è necessario acquisirle fuori dall’azienda.
Per intervenire sul miglioramento delle performance e sul benessere del lavoratore, infatti, si possono adottare soluzioni mirate quali le attività di coaching e di formazione esperienziale (partecipazione attiva ad attività singole o di squadra).
Un percorso da adottare con intervalli costanti e non intensivi, da pianificare con attenzione e professionalità. Ma questo attiene alle decisioni che ogni azienda prende per il benessere proprio e dei propri lavoratori. La domanda, dunque, è: come si prendono le decisioni rispettando la sostenibilità in azienda?
Nel prossimo articolo proseguiremo nel percorso trattando proprio sull’importanza delle decisioni, dei processi e delle scelte che le organizzazioni compiono relativamente al proprio personale, mostrando come la gestione della forza lavoro abbia un impatto diretto sul raggiungimento degli obiettivi (sostenibili) d’impresa.
Prima di partire con il nuovo articolo dedicato all’approfondimento del rapporto fra lavoro e sostenibilità, facciamo un riassunto di quanto detto in precedenza.
Nella Parte I abbiamo operato una overview su quanto il rapporto fra lavoratori intesi come persone e sostenibilità d’impresa sia estremamente stretto e funzionale alla sopravvivenza dell’azienda.
La Parte II è invece incentrata sulla delega come strumento per la gestione efficiente e sostenibile dell’impresa, con vantaggi reciproci fra singolo lavoratore e manager.
L’analisi dell’organizzazione aziendale è stata l’argomento principale della Parte III dove per organizzazione si intende la capacità di riconoscere le esigenze della propria azienda e dunque la capacità di selezionare la persona migliore per le singole esigenze.
Abbiamo terminato la Parte III di questo percorso con una domanda: qual è la strategia per valorizzare la persona-lavoratrice in un contesto aziendale? Vediamo dunque che tipo di azioni introdurre per trattenere in azienda un buon lavoratore, una volta smarcata la fase di onboarding.
Il benessere in ambito lavorativo
Uno dei processi principali per avere un’organizzazione efficace ed efficiente e allo stesso tempo tendere agli obiettivi di benessere in ambito lavorativo è quello di creare un ambiente di lavoro che motivi dipendenti e collaboratori.
Sono molte le teorie della motivazione in questo ambito, limitiamoci a citare le principali:
Esiste, fra queste teorie, un minimo comune denominatore: al centro del processo deve sempre sussistere la consapevolezza da parte del lavoratore e dell’ambiente operativo in cui il lavoratore è collocato dell’esistenza di una reciproca interdipendenza. Quando queste due consapevolezze (bisogno del lavoratore e dell’ambiente) coincidono, allora è possibile arrivare a un’alta performance: ma di cosa parliamo quando utilizziamo questo termine?
Benessere e Performance
I due elementi dirimenti per valutare la performance di un lavoratore sono incentivazione e motivazione. Le aspettative di carriera, le ricompense economiche, la crescita personale sono, in questo ambito elementi trainanti che spingono verso raggiungimento degli obiettivi posti e del benessere personale. In breve se un lavoratore non versa in una condizione di benessere ottimale è improbabile che riuscirà a performare in modo adeguato, perlomeno non nel medio-lungo periodo.
La motivazione è caratterizzata da diversi elementi, fra i quali è possibile riconoscere:
Tutti questi elementi – corrispondenza, partecipazione e persistenza – se ben calibrati e utilizzati permettono al lavoratore di “fare” ovvero determinano la motivazione verso il lavoro (risultato, impegno, determinazione) ma anche di “essere” ovvero determinano la motivazione verso l’organizzazione/azienda (orgoglio, lealtà, fedeltà, fiducia).
Seguendo queste linee guida, ovvero instaurando questo processo, secondo la teoria motivazionale di Maslow, si raggiunge il vertice della gerarchia dei bisogni: autostima/autorealizzazione.
Necessità aziendali e del lavoratore: non contro ma insieme
Nel percorso di sostenibilità in ambito lavoro (Obiettivo N.8) l’obiettivo è, dunque, quello di riuscire a mantenere sempre in equilibrio le necessità aziendali con gli obiettivi dei lavoratori, così che questi ultimi percepiscano come equo il rapporto anche grazie al rapporto controverso fra
VALORE DELLE PRESTAZIONI RICHIESTE vs.
BENEFICIO AZIENDALE vs.
BENESSERE PERSONALE
Come far restare i migliori in azienda
Ci sono dunque due punti da evidenziare: il primo è che “i migliori” sono quelli con le performance più elevate, il secondo è che, se è corretto il ragionamento fatto finora, chi performa meglio è chi sta meglio in azienda. Per questo il miglior lavoratore, il più performante, sceglie di restare e di essere fedele all’azienda: perché l’azienda rispetta il suo benessere.
Sta al Responsabile Risorse Umane (HR) stimolare la partecipazione dei lavoratori e individuare le chiavi di lettura per la soddisfazione delle parti, dando motivazione al lavoratore. La motivazione deve, infatti, essere vista come stimolo per un percorso di crescita.
Per fare questo è necessario trovare le giuste leve da “toccare” e per farlo è quindi necessario conoscere meglio le persone con cui si avvia questo percorso, collocarle nelle giuste aree di competenza, acquisire la loro fiducia e presentare obiettivi chiari. Le competenze per avviare questo percorso virtuoso che raggiunge gli obiettivi di soddisfazione di tutte le parti sono complesse e in molti casi è necessario acquisirle fuori dall’azienda.
Per intervenire sul miglioramento delle performance e sul benessere del lavoratore, infatti, si possono adottare soluzioni mirate quali le attività di coaching e di formazione esperienziale (partecipazione attiva ad attività singole o di squadra).
Un percorso da adottare con intervalli costanti e non intensivi, da pianificare con attenzione e professionalità. Ma questo attiene alle decisioni che ogni azienda prende per il benessere proprio e dei propri lavoratori. La domanda, dunque, è: come si prendono le decisioni rispettando la sostenibilità in azienda?
Nel prossimo articolo proseguiremo nel percorso trattando proprio sull’importanza delle decisioni, dei processi e delle scelte che le organizzazioni compiono relativamente al proprio personale, mostrando come la gestione della forza lavoro abbia un impatto diretto sul raggiungimento degli obiettivi (sostenibili) d’impresa.
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