Ci sono aziende che fanno ogni giorno scelte responsabili, ma non si rendono conto del loro valore. Non le chiamano “sostenibilità”, non le raccontano. E così rischiano di non vederne nemmeno il potenziale.
Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di greenwashing – quando si finge di essere sostenibili senza esserlo davvero – e, più di recente, di greenhushing: la scelta di non comunicare le proprie azioni per paura di critiche o fraintendimenti.Ma c’è una terza categoria, forse ancora più ampia. Ed è quella delle imprese che fanno sostenibilità ogni giorno, senza saperlo.
Gesti concreti, ma invisibili
Parliamo di aziende che riducono gli sprechi, riutilizzano materiali, investono su persone e territorio, costruiscono relazioni solide e genuine con clienti e fornitori. Spesso lo fanno per convinzione personale, per etica, per tradizione o semplicemente perché “si è sempre fatto così”.
Il punto è che non si rendono conto che tutto questo ha un nome: sostenibilità. E quindi non lo misurano, non lo valorizzano, non lo comunicano.
“Non vogliamo fare marketing”
Capita spesso di sentire: “Non abbiamo bisogno di raccontarlo, noi preferiamo lavorare in silenzio”. Un approccio rispettabile, certo. Ma comunicare non significa vantarsi, né trasformare le buone pratiche in uno slogan pubblicitario.
Significa dare dignità e valore a quello che già si fa. Significa farlo sapere a chi lavora con noi, a chi ci sceglie, a chi ci sostiene o potrebbe farlo.
È necessaria una maggiore consapevolezza
La buona notizia è che molte PMI non devono inventarsi nulla. Devono solo riconoscere ciò che hanno già costruito e iniziare a metterlo a fuoco.
Quanta energia abbiamo risparmiato in un anno?
Quanti dipendenti sono cresciuti con noi? Quante filiere locali sosteniamo ogni giorno?
Queste non sono solo “cose fatte bene”: sono valore, misurabile e comunicabile.
Una questione di visione
In un mercato sempre più attento a chi sei – e non solo a cosa vendi – non raccontare il proprio impegno è un’occasione persa.
Per distinguersi. Per accedere a nuove opportunità. Per attrarre talenti e clienti. Per crescere meglio.
Per questo, oggi più che mai, serve trasformare la responsabilità in consapevolezza. Perché il futuro – anche quello sostenibile – inizia dalle cose che facciamo ogni giorno. E dalla capacità di riconoscerle come scelte che contano.
Essere sostenibili non significa solo dare valore a ciò che si è già fatto. Significa affermare, con chiarezza, che ciò che si fa ogni giorno per la sostenibilità ha un valore assoluto. Un valore che può ispirare altri, generare cambiamento, contribuire concretamente agli obiettivi globali.
Se non lo comunichi, è come se non lo riconoscessi. E questo, in fondo, è un piccolo crimine. Non solo verso te stesso, ma verso l’idea di un futuro più equo, condiviso e consapevole.
E allora, accanto alle domande che ci aiutano a mettere a fuoco il nostro impatto, ce n’è una che non possiamo più rimandare:
Quanto abbiamo fatto per rendere solida nel tempo e proiettata nel futuro la nostra azienda per coloro che la vivono?
Perché anche questo è sostenibilità. E merita di essere visto, misurato, raccontato.
Ci sono aziende che fanno ogni giorno scelte responsabili, ma non si rendono conto del loro valore. Non le chiamano “sostenibilità”, non le raccontano. E così rischiano di non vederne nemmeno il potenziale.
Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di greenwashing – quando si finge di essere sostenibili senza esserlo davvero – e, più di recente, di greenhushing: la scelta di non comunicare le proprie azioni per paura di critiche o fraintendimenti.Ma c’è una terza categoria, forse ancora più ampia. Ed è quella delle imprese che fanno sostenibilità ogni giorno, senza saperlo.
Gesti concreti, ma invisibili
Parliamo di aziende che riducono gli sprechi, riutilizzano materiali, investono su persone e territorio, costruiscono relazioni solide e genuine con clienti e fornitori.
Spesso lo fanno per convinzione personale, per etica, per tradizione o semplicemente perché “si è sempre fatto così”.
Il punto è che non si rendono conto che tutto questo ha un nome: sostenibilità.
E quindi non lo misurano, non lo valorizzano, non lo comunicano.
“Non vogliamo fare marketing”
Capita spesso di sentire: “Non abbiamo bisogno di raccontarlo, noi preferiamo lavorare in silenzio”.
Un approccio rispettabile, certo. Ma comunicare non significa vantarsi, né trasformare le buone pratiche in uno slogan pubblicitario.
Significa dare dignità e valore a quello che già si fa.
Significa farlo sapere a chi lavora con noi, a chi ci sceglie, a chi ci sostiene o potrebbe farlo.
È necessaria una maggiore consapevolezza
La buona notizia è che molte PMI non devono inventarsi nulla.
Devono solo riconoscere ciò che hanno già costruito e iniziare a metterlo a fuoco.
Quante filiere locali sosteniamo ogni giorno?
Queste non sono solo “cose fatte bene”: sono valore, misurabile e comunicabile.
Una questione di visione
In un mercato sempre più attento a chi sei – e non solo a cosa vendi – non raccontare il proprio impegno è un’occasione persa.
Per distinguersi. Per accedere a nuove opportunità. Per attrarre talenti e clienti. Per crescere meglio.
Per questo, oggi più che mai, serve trasformare la responsabilità in consapevolezza. Perché il futuro – anche quello sostenibile – inizia dalle cose che facciamo ogni giorno. E dalla capacità di riconoscerle come scelte che contano.
Essere sostenibili non significa solo dare valore a ciò che si è già fatto. Significa affermare, con chiarezza, che ciò che si fa ogni giorno per la sostenibilità ha un valore assoluto. Un valore che può ispirare altri, generare cambiamento, contribuire concretamente agli obiettivi globali.
Se non lo comunichi, è come se non lo riconoscessi. E questo, in fondo, è un piccolo crimine. Non solo verso te stesso, ma verso l’idea di un futuro più equo, condiviso e consapevole.
E allora, accanto alle domande che ci aiutano a mettere a fuoco il nostro impatto, ce n’è una che non possiamo più rimandare:
Quanto abbiamo fatto per rendere solida nel tempo e proiettata nel futuro la nostra azienda per coloro che la vivono?
Perché anche questo è sostenibilità. E merita di essere visto, misurato, raccontato.
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