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  • Adeguati assetti e informativa ESG: la lezione della Cassazione e l’impegno richiesto alle imprese.
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Quando si parla di “adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili” nel mondo delle imprese, il pensiero corre subito all’articolo 2086 del Codice Civile. Una norma che – è importante ricordarlo – non è una novità recente: è già obbligatoria da tempo e impone a tutti gli imprenditori – non solo alle grandi aziende – di dotarsi di strutture e strumenti idonei a prevenire le crisi e a garantire la continuità aziendale.

Non è un’opzione, non è una scelta di stile: è un dovere di legge. Ma cosa si intende davvero per “assetti adeguati”? E, soprattutto, perché oggi questi assetti si intrecciano sempre più strettamente con i temi della sostenibilità e della gestione delle informazioni ESG?

Per rispondere, possiamo partire da un caso concreto: la sentenza n. 2172/2023 della Corte di Cassazione, sezione prima civile.

La Cassazione e la responsabilità sugli assetti: un precedente importante

Con questa sentenza, la Cassazione ha affermato con chiarezza che la mancanza di assetti adeguati può costituire non solo un elemento di responsabilità diretta per l’imprenditore e gli organi di gestione, ma rendere la medesima azienda come “invendibile”. Non è più sufficiente affidarsi al buon senso o alla tradizione: occorre dimostrare, anche documentalmente, di avere adottato strumenti idonei per monitorare l’andamento aziendale, prevedere situazioni di crisi e intervenire tempestivamente.Si tratta di un passaggio fondamentale, poiché sposta l’attenzione dalla gestione ordinaria sulla necessità di costruire un vero e proprio sistema preventivo. Un approccio che richiede metodo, consapevolezza e aggiornamento continuo.

Il collegamento con la gestione dei rischi ESG

Nel quadro odierno, la gestione dei rischi non riguarda più solo aspetti finanziari o operativi. I temi ESG (Environmental, Social, Governance) sono entrati a pieno titolo tra le aree che un’impresa deve presidiare, perché possono generare rischi connessi agli impatti rilevanti sul piano economico, reputazionale e normativo.Il Modello 231 – previsto dal Decreto Legislativo 231/2001 – offre una traccia preziosa: introduce il concetto di “colpa di organizzazione” e prevede strumenti strutturati di gestione e controllo del rischio, come l’analisi dei processi, la tracciabilità delle decisioni, l’organizzazione gerarchica chiara e i flussi informativi strutturati.

In questo contesto, l’informativa ESG non è solo un documento da pubblicare una volta all’anno per adempiere a obblighi formali, ma una parte integrante di un sistema di governance evoluto. Raccogliere dati affidabili, monitorare le performance ambientali, sociali e di governance, integrare queste informazioni nella gestione strategica sono azioni che oggi fanno la differenza tra chi è pronto a costruire valore nel tempo e chi rischia di essere travolto dalle nuove esigenze del mercato, oltre a scongiurare, per la società, la “colpa in organizzazione” per la quale, nei “reati presupposto”, sono comprese oramai anche gli impatti delle tematiche ESG.

Adeguati assetti e ESG: due lati della stessa medaglia

Non è un caso se il catalogo dei “reati” presupposto della responsabilità 231 si è ampliato includendo reati ambientali e sociali. La sostenibilità è ormai considerata un elemento essenziale della buona gestione aziendale.

Dunque, assetti adeguati e gestione ESG non sono percorsi separati: sono due dimensioni che devono integrarsi in un unico sistema di controllo e prevenzione. Le imprese che vogliono agire in modo consapevole devono lavorare su entrambi i fronti: predisporre strutture interne capaci di monitorare i rischi tradizionali e, insieme, integrare la gestione della sostenibilità come parte della governance ordinaria.

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